mercoledì 27 febbraio 2008

Cercasi un fine. Ovvero: al voto, al voto!


«Cercasi un fine.

Bisogna che sia onesto. Grande.

Il fine giusto è dedicarsi al prossimo.

E in questo secolo come vuole amare se non con la politica o col sindacato o con la scuola?

Siamo sovrani. Non è più il tempo delle elemosine, ma delle scelte.

Ma questo è solo il fine ultimo da ricordare ogni tanto.

Quello immediato da ricordare minuto per minuto è d’intendere gli altri e farsi intendere».

Così tuonava Lorenzo Milani circa quarant’anni fa.

Veniamo ai nostri giorni: al voto, al voto! E un referendum nel cassetto. Una coraggiosa e rivoluzionaria scelta di semplificazione – quella di “Uolter” – che pare mettere in crisi meccanismi consolidati. Ora alla prova del nove: la formazione delle liste. Vecchi privilegi, successioni dinastiche e modalità di cooptazione duri a morire. Eppure sarebbe così semplice se il fine fosse sempre uno solo, quello del "servizio" alla collettività. Perché in questo caso – al bando la brama del cursus honorum (molto in voga soprattutto dalle nostre parti) – il motore sarebbe quello del percorso condiviso tra chi è chiamato a farsi rappresentante e chi rappresentato.

Compiuti i tradizionali riti della politica, è arrivato, ancora una volta, il tempo delle scelte.

Invertiamo l’ordine e la dinamica del discorso. L’espressione "tempo delle scelte", così estrapolata rievocherebbe un discorso da "unti del Signore", che, sotto minaccia di chi sa quali sciagure, incitano alle scelte "giuste" – quelle, cioè, che si riconducono «solo» alla «loro» ricetta (calata dall’alto) –.

Il riferimento alla «sovranità», però, ristabilisce gli equilibri: il processo decisionale si muove dal basso verso l’alto, e non viceversa.

Dunque, basta elemosine. Riscopriamo il senso di "sovranità". Rivendichiamo un ruolo attivo, il "nostro" inalienabile diritto a "concorrere" personalmente con metodo democratico alla vita del paese. Non consentiamo «espropri».

Il rinnovamento nasce da noi. Perché come abbiamo già ricordato: "Tocchi in un punto e…".

20 commenti:

Anonimo ha detto...
Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
Anonimo ha detto...

Un fine grande.
Onesto.
Ecco è questo che ci deve muovere.
Ma qui in Campania?
E' proprio questo a muovere le fila delle candidature e dell'impegno civile?
Nella società sì.
Ma nei vertici dei partiti no.
Allora: cari politicanti, sappiate che qualunque cosa facciate, ci sarà un referendum.
Il vostro scranno trasmessovi in eredità dal partito vacilla.
Questa assurda legge elettorale sarà abrogata.
Voi tornerete a casa e noi ci rapproprieremo del diritto di scelta.
In quest'ordine:
1) primarie;
2) uninominale
3) doppio turno.
Partitonzoli avvertiti: mastelliani, demitiani, rosabianchi. E ancora: pseudoammucchiate modello PDL senza programma (se non quello di annullare la democrazia e la partecipazione democratica, sostituendola con il populismo)

Anonimo ha detto...

Il Ministro della Giustizia, Clemente Mastella e sua moglie Sandra Lonardo hanno due figli, Elio e Pellegrino. Pellegrino è sposato a sua volta con Alessia Camilleri. Una bella famiglia come le altre, ma con qualcosa in più.

Per sapere cosa, partiamo dal partito di Clemente che, come i più informati sanno, si chiama Udeur. L'Udeur, in quanto partito votato dall'1,4% degli italiani adulti, ha diritto ad un giornale finanziato con denaro pubblico.

Si chiama "Il Campanile", con sede a Roma, in Largo Arenula 34. Il giornale tira circa 5.000 copie, ne distribuisce 1.500, che in realtà vanno quasi sempre buttate. Lo testimoniano il collega Marco Lillo dell'Espresso, che ha fatto un'inchiesta specifica, sia un edicolante di San Lorenzo in Lucina, a due passi dal parlamento, sia un'altro nei pressi di Largo Arenula.

Dice ad esempio il primo: "Da anni ne ricevo qualche copia. Non ne ho mai venduta una, vanno tutte nella spazzatura!".

A che serve allora -direte voi- un giornale come quello? Serve soprattutto a prendere contributi per la stampa.

Ogni anno Il Campanile incassa 1.331.000euro. E che fara' di tutti quei soldi, che una persona normale non vede in una vita intera di lavoro? Insisterete ancora voi. Che fara'? Anzitutto l'editore, Clemente Mastella, farà un contratto robusto con un giornalista di grido, un giornalista con le palle, uno di quelli capace di dare una direzione vigorosa al giornale, un opinionista, insomma. E così ha fatto. Un contratto da 40.000 euro all'anno. Sapete con chi? Con Mastella Clemente, iscritto regolarmente all'Ordine dei Giornalisti, opinionista e anche segretario del partito. Ma è sempre lui, penserete! Che c'entra?
Se è bravo! Non vogliamo mica fare discriminazioni antidemocratiche.

Ma andiamo avanti. Dunque, se si vuol fare del giornalismo serio, bisognerà essere presenti dove si svolgono i fatti, nel territorio, vicini alla gente. Quindi sarà necessario spendere qualcosa per i viaggi. Infatti Il Campanile ha speso, nel 2005, 98.000 euro per viaggi aerei e trasferte. Hanno volato soprattutto Sandra Lonardo Mastella, Elio Mastella e Pellegrino Mastella, nell'ordine. Tra l'altro, Elio Mastella è appassionato di voli. Era quello che fu beccato mentre volava su un aereo di Stato al gran premio di F1 di Monza, insieme al padre, Clemente Mastella, nella sua veste di amico del vicepresidente del Consiglio, Francesco Rutelli. Ed Elio Mastella, che ci faceva sull'aereo di Stato? L'esperto di pubbliche relazioni di Rutelli, quello ci faceva!

Quindi, tornando al giornale. Le destinazioni. Dove andranno a fare il loro lavoro i collaboratori de Il Campanile? Gli ultimi biglietti d'aereo (con allegato soggiorno) l'editore li ha finanziati per Pellegrino Mastella e sua moglie Alessia Camilleri Mastella, che andavano a raggiungere papà e mamma a Cortina, alla festa sulla neve dell'Udeur. Siamo nell'aprile del 2006. Da allora -assicura l'editore- non ci sono più stati viaggi a carico del giornale. Forse anche perché è cominciata la curiosità del magistrato Luigi De Magistris, sostituto procuratore della Repubblica a Catanzaro, il quale, con le inchieste Poseidon e Why Not, si avvicinava ai conti de Il Campanile.

Ve lo ricordate il magistrato De Magistris? Quello a cui il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, mandava tutti quei controlli, uno ogni settimana, fino a togliergli l'inchiesta? Ve lo ricordate? Bene, proprio lui!

Infine, un giornale tanto rappresentativo deve curare la propria immagine. Infatti Il Campanile ha speso 141.000 euro per rappresentanza e 22.000 euro per liberalità, che vuol dire regali ai conoscenti. Gli ordini sono andati tra gli altri alla Dolciaria Serio e al Torronificio del Casale, aziende di Summonte, il paese dei cognati del ministro:

Antonietta Lonardo (sorella di Sandra) e suo marito, il deputato Udeur Pasquale Giuditta.

Ma torniamo un attimo agli spostamenti. La Porsche Cayenne (4000 di
cilindrata) di proprietà di Pellegrino Mastella fa benzina per 2.000 euro al mese, cioè una volta e mezzo quello che guadagna un metalmeccanico. Sapete dove? Al distributore di San Giovanni di Ceppaloni, vicino a Benevento, che sta proprio dietro l'angolo della villa del Ministro, quella con il parco intorno e con la piscina a forma di cozza. E sapete a chi va il conto? Al giornale Il Campanile, che sta a Roma. Miracoli dell'ubiquità.

La prossima volta vi racconto la favola della compravendita della sede del giornale. A quanto è stata comprata dal vecchio proprietario, l'Inail, e a quanto è stata affittata all'editore, Clemente Mastella.
Chi l'ha comprata, chiedete? Due giovani immobiliaristi d'assalto:
Pellegrino ed Elio Mastella.

Mauro Montanari-Corriere d'Italia/News ITALIA PRESS

Unknown ha detto...

il vostro manifesto è interessante, il post di oggi pure complimenti!

Anonimo ha detto...

Ecco uno dei tanti fini: NON ACCADA MAI PIU'.

Da Corriere.it
Napoli, muore dopo 36 ore in barella

La 76enne era costretta alla dialisi.
Il ricovero reso necessario dopo complicazioni cardiache

NAPOLI - Torna in primo piano la questione del sovraffollamento al Cardarelli di Napoli, il più grande ospedale del Maezzogiorno. A riproporre il problema il decesso in ospedale di una donna 76enne ore dopo 36 ore di ricovero tutte trascorse su una barella, in un corridoio. L'anziana paziente - come riferisce il quotidiano «Il Mattino» - soffriva da tempo di insufficienza renale ed era costretta alla dialisi: a questa malattia si erano aggiunte complicazioni cardiache, che l'avevano portata al ricovero nel pronto soccorso del Cardarelli. Il cuore della donna si è fermato improvvisamente dopo un giorno e mezzo di degenza nel corridoio, accanto a molti altri malati costretti a una sistemazione di fortuna.

Anonimo ha detto...

Mentre vi scrivo è in corso una manifestazione alla stazione marittima di Napoli denominata "Ricominciamo... con il cuore e con il cervello", organizzata dai maggiorenti del PD napoletano.

Bastava dare uno sguardo agli astanti per capire la farsa: tutti coloro che hanno sguazzato nel torbido agone politico, compromettendosi con il potere che ha negato gli stessi principi che avrebbe dovuto professare.

Un senso di sgomento, misto a rabbia mi pervade.

Una pletora di personaggi spinti dal servilismo e dall'autoconservazione, pronta a rivendicare il proprio privilegio, tentandosi di mettere in vista. No non è questo il cambiamento che vogliamo.

Walter (so che probabilmente leggerai questo blog), non farti illudere. Non vogliamo questi personaggi. No. Proprio no. Sono la negazione di quello stesso cambiamento che tu invochi.

Azzera tutte le loro proposte.
Dacci una speranza.

Anonimo ha detto...

Tre parlamentari che sicuramente voglio sono quelle persone comuni presentate da WAlter Veltroni.
Quelle che non voglio erano tutte alla stazione marittima di Napoli.
Concordo con anonimo di sopra.

Anonimo ha detto...

Intervengo volentieri anch'io sulla paradossale manifestazione (almeno nel titolo).

"Ricominciamo..." Ma vogliamo scherzare?

Io penso che i presenti - giusta sintesi della classe politico/dirigente autoreferenziale che ci ha condotto allo sfascio - rappresentassero esattamente il contrario di quello che oggi Walter Veltroni vuole realizzare.

L'opportunismo palatino del "c'ero anch'io" a farla da padrone nei confronti di rappresentanti le cui logiche saranno polverizzate e spazzate via.

Non la passione politica, ma il beneficio auspicato o vissuto, hanno stretto a corte una indistinta massa di persone che ha invocato come dei semidei dei politici espressione di un vecchiume esasperante.

Non si sono proprio resi conto dove invece sta andando la storia.

Continuiamo a farci del male.

Anonimo ha detto...

RESETTIAMOCI.
Nella vita, nella politica, nel quotidiano.

RESET!

Anonimo ha detto...

"e quando il giovane Navarro sale a parlare, la sala si svuota. Il ricambio generazionale".
Voglio riflettere sulla conclusione dell'articolo contenuto in Repubblica del 29 feb.
Bravo Angelo Carotenuto!

Anonimo ha detto...

NAPOLI - Il presidente della Giunta regionale della Campania, Antonio Bassolino, e altri 27 imputati nel procedimento per le presunte irregolarità nella gestione del ciclo dei rifiuti sono stati rinviati a giudizio. Lo ha deciso il giudice per le udienze preliminari Marcello Piscopo. Il processo comincerà il 14 maggio davanti alla quinta sezione del Tribunale di Napoli.

Gli imputati sono stati rinviati a giudizio per tutti i reati contestati, che vanno dalla frode in pubbliche forniture alla truffa aggravata ai danni dello Stato, al falso e all'abuso d'ufficio. Il rinvio a giudizio riguarda anche le "persone giuridiche" ovvero le società Impregilo, Fibe, Fisia Italia Impianti, Fibe Campania e Gestione Napoli. Le società vanno a giudizio per illecito amministrativo.

Il rinvio a giudizio era stato chiesto dalla Procura di Napoli per il presidente della Regione Campania ed ex commissario straordinario per l'emergenza rifiuti Antonio Bassolino, per i vertici Impregilo e per altri 20 indagati, tra funzionari delle aziende del gruppo e subcommissari e tecnici dell'emergenza, per presunte irregolarità nello smaltimento dei rifiuti in Campania fino al dicembre 2005, quando fu rescisso il contratto con la Fibe, azienda Impregilo che se ne occupava dal 1998.

Anonimo ha detto...

Sarebbe facile dire: abbiamo i governanti che ci meritiamo.
Ma questo è ingiusto.
Innanzi tutto perché le forze buone ci sono.
In secondo luogo perché una mano all'instaurazione dell'oligarchia è stata data da questa assurda legge elettorale approvata a suo tempo dalla maggioranza berlusconiana (e non modificata in tempo benché fosse la prima cosa da fare giunti in parlamento nel 2006)
Infine perché chi è stato al potere locale in questi anni dovrebbe avere umiltà e farsi da parte.
E invece? Organizzano una kermesse per sponsorizzare i soliti noti. Non si rendono conto che continueremo ad autolesionarci

Anonimo ha detto...

L'ultimo rilancio del Viceré alle corde

Scritto da Riccardo Barenghi su "La Stampa", 02-03-2008 08:00

Veltroni gli ha chiesto di fare la scelta giusta, e lui l'ha fatta. Giusta per lui ovviamente ma non per Veltroni (immaginiamo) e neanche per tutto il Partito democratico. L’imbarazzo è evidente, palpabile, l'aria che si respira è pesante: questa storia proprio non ci voleva, non ci voleva il rinvio a giudizio e tantomeno che il Governatore, caparbio più di Prodi (il che è tutto dire), restasse al suo posto. Già la campagna elettorale era in salita, adesso poi con la Campania che brucia di immondizia e il suo massimo responsabile politico che non si dimette nonostante glielo chieda tutto il suo Partito (quasi tutto, D'Alema no), tutti i giornali d'Italia, a cominciare da questo già due mesi fa, l'opinione pubblica nazionale e locale, vincere le lezioni diventa un'impresa titanica.

Forse impossibile. Eppure lui non fa una piega, anzi sostiene che non può abbandonare i campani e il super commissario De Gennaro in questo difficile momento. Senza capire, o facendo finta di non cpaire, che i campani (De Gennaro compreso) non aspettano altro: ossia che lui appunto lasci la poltrona con tutto il suo contorno. Che poi sarebbe un sistema di potere, ramificato, radicato, costruito con grande pazienza e abilità negli ultimi quindici anni, partito da Napoli quando Bassolino ne era il sindaco - anzi il Viceré - e che poi si è allargato a tutta la Regione, da quando lui ne è diventato il capo indiscusso. Un sistema ovviamente "all inclusive", cioè monnezza compresa, di cui Bassolino è stato Commissario per tre anni.
Certo, lui non è l'unico responsabile del disastro campano, prima di lui alla Regione c'era il post-fascista Rastrelli, i comuni sono stati amministrati sia dalla sinistra sia dalla destra, dunque le colpe vanno equamente distribuite. Ma oggi è lui sotto i riflettori, è lui che governa ed è lui che è stato rinviato a giudizio. Dunque tocca a lui fare la scelta giusta, anche per potersi difendere meglio da accuse che considera ingiuste. E lui l'ha fatta. Giusta per lui, sbagliata per il resto del mondo. Gli diranno che non vuole mollare il potere fino all'ultimo minuto, gli diranno che è un vigliacco perché così si ripara dietro il suo ruolo e chissà quante manovre potrà fare per evitare la condanna, gli diranno che non è eticamente giusto restare al proprio posto mentre il suo Partito ha promosso una campagna radicale sulle liste pulite. Gli diranno di tutto e di più. Ma chi conosce la storia politica di Bassolino, rimane sorpreso di fronte a una tale, inedita determinazione.
Quando era comunista, cioè dirigente del Pci, era un ingraiano di ferro. Di più: un pupillo, un allievo, una sorta di possibile successore del vecchio leader della sinistra comunista. Poi, piano piano, in sordina, senza far rumore Bassolino si è allontano dal suo maestro. Fino a quando, di fronte alla svolta di Occhetto - cambio di nome e conseguente fine del Pci - lui si è inventato una sua mozione. In sostanza, non voglio ma potrei oppure non posso ma vorrei. Insomma, ni, so, forse, chissà, vediamo come si mette. E si è messa che il Partito ha cambiato nome, Ingrao ha perso la sua ultima battaglia lì dentro e poco dopo se n'è anche andato. Bassolino invece è rimasto, e ovviamente ha fatto carriera quando a dirigere il Pds erano Occhetto e D'Alema, e ha continuato quando lo hanno diretto Veltroni e infine Fassino. Una potenza regionale, proiettata su tutto il Paese. Sempre understatement, gentile nei modi, pacato nelle parole, misurato nei toni. In pubblico ovviamente, ché in privato era tutt'altro discorso: basta rivedereil fuorionda delle jene in cui lui urla furibondo contro il giornalista che lo aveva intervistato a proposito di concorsi truccati. E anche la sua ultima battaglia politica nei Ds, quella del Correntone di Cofferati, Mussi e mezzo Veltroni contro Fassino e D'Alema (2001), lo ha visto sì impegnato ma sempre fino a un certo punto. Meglio non esporsi troppo che chissà un domani.
E infatti il domani ha dato ragione alla sue "scelte giuste", è riuscito a superare tutti gli ostacoli, scandali, scandaletti, lottizzazioni varie, clientelismo evidente, censure politiche come quella dei senatori Salvi, Villone e lo stesso Napolitano nel luglio 2005 al Consiglio nazionale dei Ds. Impermeabile a tutto e a tutti il Governatore è andato avanti come un treno. Ma con l'ultima sua scelta giusta, quella di ieri, rischia invece di finire su un binario morto.

Anonimo ha detto...

Il testo che segue, avente ad oggetto i luoghi comuni democrazia-politica-elezioni, è stato scritto in "tempi non sospetti". Vista l'attualità ed il riecheggiare odierno del suo contenuto, si finisce per sospettare, visto l'autore, anche dei tempi attuali....

"Diamo incarichi pubblici solo a uomini che nella vita professionale abbiano dimostrato talento e capacità; ci salveremo così da correnti, sottocorrenti e caporioni.

Si può ancora pensare che in Italia si viva in democrazia? Che il nostro paese sia democratico e non invece partitocratico, eleptocratico, arrogantocratico, prepoten­tocratico? A essere buoni si può parlare solo di una facciata, del resto corrosa e sbia­dita, di formula democratica. Ma i cittadini devono invece subire una serie di imposi­zioni, vessazioni, prepotenze da parte di chi ci governa, a metà tra l' ignoranza e l'inva­denza più sfacciata, in un regime più soffo­cante, dove il dettato costituzionale viene violentato ogni giorno e i diritti dei cittadini calpestati senza ritegno.

Dai vertici del potere ai substrati della burocrazia, sino agli uffici periferici amministrativi, il cittadino ha a che fare con per­sone che violentano ogni suo diritto, che gli negano il dovuto e che lo fanno con stra­fottenza e prepotenza. Perche gli uomini pubblici, ormai, dai ministeri sino all' ultimo usciere e all'ultimo fattorino, non sono al servizio dello Stato e del cittadino, ma dei politicanti e dei loro portaborse. A loro deb­bono rispondere e non agli organi preposti dallo Stato, che sono stati svuotati di ogni valore e occupati da un'orda di portaborse dei politici di professione. Perchè in Italia, al contrario di quanto avviene nei Paesi veramente democratici, i politicanti si alle­vano nelle segreterie dei partiti come polli in batteria e vengono poi lanciati sul campo, a difendere, con l’ arroganza e la prepotenza, non solo i vergognosi appetiti dei partiti, ma anche delle correnti, delle sottocorrenti e dei loro caporioni.

Non debbono esistere, da noi, politicanti di professione, cioè personaggi senza spina dorsale e schiavizzati dai partiti, i quali, vi­vono di politica e del sottobosco economico e partitocratico, e debbono restare a galla ad ogni costo, perchè non sanno fare niente altro. In pratica, sono dei falliti, e la nostra classe politica, fatte salve rare eccezioni, è formata da incapaci.

II laticlavio, l'incarico politico, soprattutto se di governo o di re­sponsabilità nella pubblica amministrazione a ogni livello, non deve essere, corn'è oggi, un mestiere. ma un premio a chi, nella vita professionale, ha già dimostrato autentiche capacità. Solo uomini che abbiano dato prova del loro talento e della loro capacità, dovreb­bero essere chiamati nella politica e nella cosa pubblica. Avremmo cosi dei competenti al posto giusto, che non dovranno nulla al partito, ma viceversa, perchè con la loro presenza al partito danno lustro e credibilità.
­
Una volta che questi uomini dovessero non più essere eletti o si ritirassero dalla po­litica, avrebbero la loro professione di suc­cesso e nessun desiderio di restare aggrap­pati alla greppia pubblica in mano ai partiti. Per questo ritengo che l'attuale formula elettorale sia sbagliata e che sia necessario instaurare il collegio elettorale uninormale, dove il cittadino vota la persona che stima e alla quale può chiedere conto di ogni suo comportamento nella vita pubblica.

Perchè l'attuale formula elettorale è di per se stessa antidemocratica. Non sono in­fatti i cittadini a eleggere deputati, senatori, sindaci, ma i partiti. In pratica i partiti scelgono uomini di apparato, nel formare le liste elettorali, su basi strettamente legate a giochi di potere, di protezione, di altri motivi inconfessabili. II cittadino non può quindi votare per chi vuole, ma solo scegliere tra quei candidati che i partiti hanno imposto. E, come si sa, i partiti sono anche in grado, attraverso le indicazioni di lista fatte alla massa degli iscritti, di fare eleggere i candidati voluti dai partiti e non dai cittadini. Per non parlare dei sempre numerosi brogli elettorali, con schede annullate o inventate, preferenze aggiunte dagli scrutatori dei seggi, controllo del voto attraverso metodi ricattatori che violano il segreto dell' urna e che non hanno nulla a che fare con la demo­crazia, ma appartengono alla camorra.

Se l'Italia, abbiamo detto, può dirsi an­cora una democrazia, è sicuramente una de­mocrazia malata, e molto gravemente, dove chi detiene il potere ha tutto l'interesse a impedire serie diagnosi e vere terapie.

La nostra democrazia è malata perchè in pratica è troppo debole e di conseguenza ingovernabile. Attraversiamo un periodo di confusione e contrasti tra poteri al limite dell'illegalità e anche oltre, dell'invasione di sfere di potere legate a interessi di parte in zone di potere abbandonate oppure conqui­state con colpi di mano degni dell'antica Filibusta
.
La situazione è quella, in pratica della fine degli Anni Venti, quando le risse poli­tiche, economiche e sociali furono tali da sfasciare lo Stato liberale, che ormai trattava i cittadini come sudditi e violava continua­mente i loro diritti per il privilegio di pochi che gestivano un potere sempre piu confuso. Quando, in democrazia, il potere politico arriva a queste vette di arroganza e di guerra tra bande, chi crede di detenere il potere in realtà non lo possiede, ne viene travolto, imprigionato, soffocato egli stesso. Ed è esattamente quanto accade oggi in Italia. Il potere fine a se stesso, privo di conte­nuti morali e lontano dai veri valori umani e sociali, è come una tigre inferocita, capace di divorare anche il proprio domatore"
Licio Gelli

Anonimo ha detto...

il partito di sinistra radicale è il Partito Democratico.
A spiegarlo, è il prof. Elio Matassi, professore di Filosofia della Storia presso l'Università di Roma, dalle pagine di Inschibboleth (http://www.inschibboleth.org/Pagina1.5.html)

Anonimo ha detto...

http://www.inschibboleth.org/Pagina1.5.html

Anonimo ha detto...

Leggete il link cliccando su PARTITODEMOCRATICO: ecco il vero concetto di sinistra radicale

Anonimo ha detto...

D'Alema in soccorso di Bassolino?
Allora la Campania è proprio un'isola.
Grazie Walter per darci una ragione per non votarti. Bravo, bel colpo!

Anonimo ha detto...

ciao,
siamo del comitato elettorale di luigi nicolais.
sul nostro blog è uscito un nuovo post dal titolo "politica delle reti".
è importante per noi un vostro commento per condividere idee e sviluppare progetti nuovi.
continueremo a seguirvi.
ciao

Anonimo ha detto...

Credo che sia arrivato il momento, per tutti i cittadini di buona volontà, di non abdicare al proprio dovere di recarsi alle urne.
La responsabilità ci impone di prendere atto di questo grande gesto.
Il fine è la democrazia. E non possiamo nasconderci dietro un dito aspirando sempre ad un meglio che non c'è, se non siamo noi a dare il via al cambiamento.
Non ci sono mezze vie. Non lasciamo il Paese nel guado.