martedì 15 aprile 2008

E' morto il re. Viva il re!


Nel sessantesimo anniversario della nostra Carta costituzionale un terremoto geopolitico sconvolge i tradizionali assetti della rappresentanza parlamentare.

Un processo di semplificazione netta indotto da un sistema elettorale che, con le sue soglie di sbarramento, non lasciava scampo.

Al di là del risultato, sicuramente ne esce vincente l’intuizione di Walter Veltroni e la sua scelta di lanciare, da solo, il Partito Democratico verso una nuova stagione del Paese. Idea che ha sbaragliato l’avversario, indotto a fare – in parte – altrettanto con una “coalizione” simil–partito, salvo – quest’ultimo – travolgere a sua volta il primo in termini elettorali e conquistare la maggioranza (ma questo è un discorso a parte).

Tuttavia va anche riflettuto sul significato (e sugli effetti) dell’estromissione, dal Parlamento, di storiche esperienze politiche (socialisti e sinistra radicale), espressione di valori identitari forti (anche per tradizione), oltre che di una significativa fetta di elettorato rimasta priva di rappresentanti.

Riflessione, questa, che si fa più pregnante se solo si considera che alla nuova fase costituente parteciperanno auspicabilmente (al bando ogni riforma delle istituzioni a colpi di maggioranza) due soli grandi partiti, oltre ad un movimento a fortissima connotazione localistica (e al suo relativo micro-clone), mentre alla stesura della nostra sessantennale (ma sempre nuova nei valori) Costituzione presero parte tutte le espressioni politiche del Paese. Non senza dimenticare che i maldestri tentativi di modificare unilateralmente i sapienti equilibri di pesi e contrappesi dei nostri padri costituenti sono prima o poi destinati a fallire, come ammonisce il maturo risultato del referendum costituzionale con il quale il popolo italiano – dimostrando alta sensibilità istituzionale - bocciò il pessimo disegno di legge partorito dai “saggi” del centrodestra tra il 2004 e il 2005. E di tale volontà popolare non potrà non tenersi conto nel ridisegnare l’assetto complessivo dello Stato, salvo dare sprezzante prova di un atteggiamento di aperta rottura nei confronti della prassi costituzionale.

Il cammino da compiere, in definitiva, è ancora lungo e bisognerà attendersi degli assestamenti che pongano in atto nuovi processi inclusivi attraverso meccanismi compensativi.

Al tempo stesso è il momento di ripartire dal basso e riscoprire il sempre più senso di una democrazia che nasce dalla gente e si alimenta di dialogo e discussione, facendo tesoro di quanto l’esercizio dialettico mette in luce giorno per giorno.

29 commenti:

Anonimo ha detto...

Ezio Mauro da Repubblica:

Alcuni destini personali dei leader sembravano marciare dritti, da tempo, verso questo esito, sconnessi dalla pubblica opinione. La mancata presenza in Parlamento non solo di una tradizione, ma di una rete di valori, interessi, critiche, opposizioni presenti nel Paese e nella sua storia, indebolisce comunque il discorso pubblico italiano, atrofizza la rappresentanza, riduce il concetto stesso di sinistra. E crea, naturalmente, una responsabilità in più per il Partito Democratico, che deve re-imparare a declinare quel concetto, deve farsi carico di un'attenzione sociale e culturale più che politica, per non lasciare allo sbando e senza voce le domande più radicali del Paese.

Ciò non muta affatto l'identità del Pd, che la leadership di Veltroni ha posizionato nel luogo politico più utile a intercettare consensi dal centro e da sinistra. Quei consensi sono arrivati in misura inferiore alle attese: ma bisogna tener conto dell'abisso di impopolarità che il Pd ha dovuto colmare prima di poter incominciare a competere, un giudizio negativo sulla coalizione che ha divorato il governo Prodi nelle sue lotte intestine.
Veltroni doveva insieme - in questa prima volta - reggere quell'eredità e discostarsene, marcando il nuovo. Il risultato è la sconfitta, ma con una forza riformista del 33 per cento una quota mai raggiunta in passato (anche se bisogna ricordarsi che la sinistra così parla solo a un terzo del Paese) e un partito nuovo che ha retto il varo nella tempesta di una campagna elettorale troppo ravvicinata alla sua nascita. C'è lo strumento adatto ad una partita che il Paese non ha mai conosciuto, la sfida riformista per il cambiamento. Sarebbe un delitto se il cannibalismo tipico della sinistra si esercitasse adesso contro quello strumento e la sua leadership, ricominciando da zero un'altra volta, per procedere di fallimento in fallimento.

Il riformismo, naturalmente, chiede comportamenti conformi anche dall'opposizione, impedisce a chi ne avesse la tentazione di giocare col tanto peggio tanto meglio. D'altra parte la nettezza del successo di Berlusconi ha tolto di mezzo quel miraggio del pareggio che covavano da mesi molti che affollano la periferia della sinistra, pronti ad offrirsi da genio pontiere di un'intesa organica di governo tra Berlusconi e Veltroni. La questione è chiara, come abbiamo provato a dire prima del voto. Chi ha vinto governa.

La responsabilità, anzi il concorso di responsabilità è possibile e doveroso nell'ambito del Parlamento, alla luce del sole, dove si devono discutere con urgenza le necessarie riforme istituzionali. Su queste riforme, sulle regole, il Pd può mettere in campo e alla prova la sua cultura di governo anche dai banchi doverosi dell'opposizione.

In questa distinzione netta, che lascia alla destra il compito esclusivo di governare, ci saranno occasioni di confronto e anche di concordanza, senza scandalo alcuno, perché senza confusione. La speranza, d'altra parte, è che Berlusconi - giunto alla sua terza prova e liberato dal terrore di rendere conto alla giustizia repubblicana - possa sentire l'ambizione di governare davvero, scoprendo l'interesse generale dopo l'abuso di interessi privatissimi. Se questo accadrà, sarà un bene

pinco pocchio ha detto...

La speranza, d'altra parte, è che Berlusconi - giunto alla sua terza prova e liberato dal terrore di rendere conto alla giustizia repubblicana - possa sentire l'ambizione di governare davvero, scoprendo l'interesse generale dopo l'abuso di interessi privatissimi. Se questo accadrà, sarà un bene.

Amen !
Ed è bello (lo dico senza ironia) che Ezio Mauro utilizzi questi toni di speranza.
Forse, questa volta, qualcuno riuscirà a combinare qualcosa di buono (o quanto meno di non cattivo) non soltanto per se stesso ed i suoi accoliti ma per l'intera nazione (perdonatemi ma nazione mi suona meglio di paese, sono obsoleto. Addirittura qualche volta utilizzo patria, sdoganata peraltro da Ciampi dopo anni in cui il termine era tenuto nascosto nel ripostiglio come un vecchio abat jour del qule ci si vergogna).
Del resto, mutatis mutandis, - e per favore non vi rizzelate comunque la pensiate, è solo un dato storico quello che vi porgo -,
non è forse vero che anche durante il ventennio c'è stato un momento in cui il consenso a Mussolini era reale e non frutto esclusivo della propganda?
Saluti

Anonimo ha detto...

Dici bene caro Brino.
E' chiaro che tutti, al di là delle simpatie elettorali, ci aspettiamo qualcosa di buono.
Lo pensiamo per il bene del Paese.
Diversamente saremmo degli autolezionisti.
E' finita l'era del tafazzismo.

Anonimo ha detto...

io invece sono molto preoccupato...
clark
se ti va passa da me

Anonimo ha detto...

L'ultima preoccupazione è il consenso ad ogni costo.

Leggete dell'apertura a ministri PD da parte del Berluska.

E' una sorta di pax augustea (ma se qualcuno ricorda Tacito, sa benissimo che c'era sotto).

pinco pocchio ha detto...

Signori, la Nazione è veramente al collasso. E noi qui stiamo pure peggio degli altri. Questo me lo dovete concedere
Ed allora io credo che un'apertura al PD, ove mai ci fosse e non fosse solo propaganda post elettorale, in questo momento di difficoltà non sarebbe una rovina.
Stò forse parlando di un qualcosa di simile ad un Gramde Inciuncio e/o Governo di Salute Pubblica?
Sputatemi pure addosso ma la risposta è: ebbene SI, non mi scandalizzerei e lo approverei pure se avessi la certezza che servisse a cambiare rotta o quanto ad approvare delle riforme da cui poi ripartire.
Ipse dixit

Alessandro Biamonte - Buongiorno Napoli ha detto...

Intervengo nell'interessantissimo dibattito che si è aperto.
Il governo di "salute pubblica", o di "unità nazionale" è altra cosa; secondo le regole "non scritte" del diritto costituzionale devono ricorrere situazioni del tutto eccezionali (ivi compresa l'impossibilità di formare una maggioranza, oltre che una grave situazione di crisi non altrimenti fronteggiabile), i cui estremi, nel caso specifico, non rinvengo (il centro destra ha vinto con un significativo vantaggio e si è formata una chiara maggioranza - e di questo dobbiamo con lealtà e maturità dare atto -). Differentemente sarebbe snaturata la funzione di indirizzo politico in cui si estrinseca l'azione di governo.

Diversamente è a dirsi per ciò che riguarda le riforme: ben venga non solo il semplice dialogo, ma un percorso condiviso, in quanto è sacrosanto che vadano fatte insieme, trattandosi di regole sulle quali si fonda la democrazia vivente. Infatti, in questo caso, si perseguirebbe un interesse generale, il più ampio possibile.

Anonimo ha detto...

Mentre noi discutiamo, sul blog di antonio bassolino è in corso una discussione sull'analisi bassoliniana del voto.
Don Antonio ci ricorda che il PD a Napoli è cresciuto.
Bontà sua, ci pare una valutazione fuori luogo, per lasciare tutto com'è, piuttosto che per avviare un serio cammino di rinnovamento e di crescita.
Dalle ceneri potrebbe rinascere una grande esperienza democratica. Invece, ancora una volta Bassolino ci mette lo zampino, quasi che fosse il censore.

Anonimo ha detto...

Eccomi a raccolta.
Il PD cresciuto?
Benissimo! Antonio, continua a negare la realtà, pur di non metterti e mettere in discussione il sistema che hai creato.
Perchè hai voluto portare in Senato tutti i tuoi fedelissimi?
E noi? Non contiamo? Ma facci il piacere. Deve finire questa oligarchia. Dobbiamo contare tutti. Siamo o non siamo di sinistra? Altrimenti, antoniuccio caro, faresti bene a cambiare casacca e a passare con Berlusconi.

pinco pocchio ha detto...

Caro Anonimo io politicamente non sono niente.
Sono per un governo degli Ottimati trasversale, che comprenda il galantuomo onesto e capace, tanto marxista leninista o anarchico quanto conservatore o tradizionalista.
Sono un figlio degli anni '80, cresciuto nel vuoto politico dell'edonismo reaganiano, che solo tardivamente si è avvicinato, incuriosito alla storia, prima ed alla politica, poi.
Voglio che lo si sappia. Ma non per raccontare di me - ché non gliene frega un cazzo a nessuno - ma perché non avendo preconcetti ideologici mi capita di utilizzare categorie politiche che, magari, ad uno di sinistra repellono mentre secondo me, pur non essendo di destra, almeno consapevolmente, non paiono eresie da mettere al bando.
Se a queste condizioni il dialogo in questo consesso è aperto anche ad uno che non è dei vostri, sono qui.
Se non gradite, basta dirlo.
Grazie

Anonimo ha detto...

Caro Brino,
il discorso non era rivolto a te, ma ad Antonio bassolino, il quale va dicendo sul suo blog che il PD è cresciuto.
Qui tutte le opinioni sono bene accette. Anche se diverse.

Alessandro Biamonte - Buongiorno Napoli ha detto...

Vedo che il discorso si fa interessante. E la dialettica cresce.
Per questo, per la seconda volta, mi permetto di inserirmi nel dibattito.
A Brino dico che i temi che ha introdotto hanno stimolato la riflessione e sono davvero graditissimi.
Continuiamo il dialogo.
E nel frattempo, inviterei tutti a fare un salto al link che riporto di seguito, rappresenta graficamente nel corso delle ore del 13 e del 14 aprile lo spostamento degli orientamenti del voto. Credo la dica lunga sull'incertezza dell'elettorato e forse sulla inefficacia dei messaggi loro pervenuti dai due schieramenti. Alle 12 del 13 i due schieramenti erano in perfetta parità... poi..
leggete e ritornate qui a commentare:

http://www.repubblica.it/speciale/2008/sondaggi_ipr/post_voto.html

Alessandro Biamonte - Buongiorno Napoli ha detto...

C'è un errore, ecco il link di nuovo. Attendo vostri commenti:

http://www.repubblica.it/speciale/2008/sondaggi_ipr/post_voto.html

Alessandro Biamonte - Buongiorno Napoli ha detto...

http://www.repubblica.it/speciale/2008/sondaggi_ipr/post_voto.html

Alessandro Biamonte - Buongiorno Napoli ha detto...

Il link viene tronco, spero vada bene così:

http://
www.repubblica.it/speciale/2008/sondaggi_ipr/post_voto.html

Anonimo ha detto...

Cliccate su sondaggi repubblica. Dovreste andare sul link giusto

Anonimo ha detto...

Beh.. uno spostamento così progressivo di preferenze deve fare riflettere.
O gli italiani erano proprio indecisi, oppure quelli di centrodestra sono andati a votare tardi...

pinco pocchio ha detto...

Caro Biamonte e Caro Anonimo ho davvero apprezzato le vostre parole e di questo molto vi ringrazio.
Purtroppo questa mia collocazione borderline mi crea problemi altrove, scambiandosi il mio ruolo di "avvocato del diavolo" ed agente provocatore (di riflessioni, anche sgradite, anche politicamente uncorrect ma comunque riflessioni) per sudditanza al vincitore (del quale, peraltro, sul piano della capacità di creare consenso e di rileggere la storia prendendone quanto necessario per raggiungere l'obiettivo, - id est: stimolare le corde del lato più intimo e nascosto degli italiani, che è, secondo la mia modesta opinione, il desiderio di ordine e sicurezza, anche economica, col minore sforzo possibile) -, ho grande stima).
E la genialità del Berlusconi trova ampia conferma in un unico dato aggregato che è poi la sintesi di tutti quelli che abbiamo potuto vedere sul link di Repubblica: ossia l'aver intuito PRIMA E MEGLIO (LO RIBADISCO: MEGLIO !)degli altri che la vera partita si gioca non sull'attaccamento ad una certa Idea, ai Valori etc. etc. blà blà ma sul Sogno nascosto, sul desiderio inconfessabile, sull'egoismo represso.
E' quindi destinato alla vittoria finale colui che, bucando lo schermo, utilizzando la gestualità del Dittatore del secolo ventesimo, conoscendo le debolezze umane, bombarda sistematicamente ed impietosamente l'elettore del maggior numero più feedback positivi, atti a sfamare la sua insaziabile, fisiologica ed incontrollabile richiesta di Sogno.
Non siamo forse noi la Società Onirica che vive nascosta nell'etere e nel web, che ambisce alla velinità dello show biz, per sfuggire alle Brutture del reale?
Altrove, stanno ancora a misurare la crisi del rapporto eletti/elettori in termini di buono/cattivo governo, facendo gli snob con la puzza sotto al naso, invocando primati di pesudo onestà, dispensando lezioni di moralità ed ideologia e, dulcis in fundo, non riuscendo a capire perché, fatti salvi gli irriducibili, i clientes e quelli che hanno il privilegio di poter anteporre le esigenze della testa a quelle dello stomaco, tutto il Paese gli ha voltato le spalle.

Anonimo ha detto...

da corriere.it

il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, Ne ha spiegato il significato
«La Costituzione è la Carta di tutti»
Durante un incontro con alcune scolaresche: «La sua nascita insegna superare posizioni partito per regole comuni»

ROMA - «La Costituzione deve essere la Carta di tutti» e la sua redazione «fu un lavoro molto assiduo, molto attento e intenso». Così il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha spiegato oggi il significato della Costituzione e della sua nascita, nel corso di un incontro con alcune scolaresche che hanno svolto ricerche sul 60 della Carta fondamentale della Repubblica. «Una cosa interessante da dire - ha continuato il Capo dello Stato - è che, quando fu approvata la stesura finale della Costituzione, votò a favore circa il 90% dei deputati. Quindi, ci fu una enorme maggioranza favorevole: fossero democristiani, socialisti, comunisti, liberali, si trovarono d’accordo su questo testo.

«Però, prima di votare tutta la Costituzione, si votò articolo per articolo: singoli articoli su cui invece l’Assemblea si divise. Anche per pochi voti prevalse una soluzione sull’altra». «Cionostante - ha aggiunto Napolitano - continuarono a lavorare insieme e alla fine approvarono insieme il testo. Un esempio importante di come si possono superare posizioni di partito, e anche contrapposizioni ideologiche o culturali per riconoscersi in alcuni principi e regole comuni, il che era fondamentale perchè la Costituzione deve essere la Carta di tutti».

pinco pocchio ha detto...

Ma dove siete tutti?
Perché abbandonare all'inizio un buon argomento di conversazione?
Francamente vorrei che qui ed anche sul blog pangea blu ci fosse quella stessa vivacità che vedo altrove, dove gli habitué non mancano.
Lo dico perché i vostri blog mi pacciono molto per una sorta di, diciamo così,affinità elettiva.
cari saluti

Alessandro Biamonte - Buongiorno Napoli ha detto...

@Brino Brucci
Le tue parole mi lusingano.
Ti ringrazio per i complimenti e ti sono molto grato perché condivido l'acutezza dei tuoi interventi.
E, allora, mettiamoci in moto a fare girare il blog.
Lo dico a tutti.

Anonimo ha detto...

Prodi in aiuto di Berlusconi...

Il capo del governo in carica (ancora per poco) accondiscende alla richiesta del capo del governo in pectore.

300 milioni il prestito governativo ad Alitalia.

"Me lo ha chiesto Berlusconi" afferma il Mortadella.

Dopo essersi astenuto dal formulare gli auguri al miliardario per la terza volta alla guida del paese (come aveva fatto notare il Berluska), Romano Prodi si inchina al nuovo premier e - con gesto che appare a tutti di responsabilità - accondiscende alla richiesta (che Padoa Schioppa - alias "famose del male" - avrebbe voluto ridurre di due terzi).

Chi salverà Alitalia?

E chi salverà l'Italia?

pinco pocchio ha detto...

@ Biamonte.
Hic manebimus optime (come disse una volta anche zio Silvio ......)

@Anonimo
Credo che sia molto meglio se non ci salva nessuna e finalmente collassiamo: una volta raggiunto il fondo si può solo ripartire (la storia è maestra. Ricordi cosa sono stati capace di fare i nostri nonni e padri sulle rovine di una Nazione distrutta dalla guerra? ).
Quanto ad Alitalia già mi prefiguro la moratoria della UE: ho quindi ragione quando predico che destra e sinistra pari sono.
Occorre appaltare l'autorità di governo ad un Paese civile (Germania, Francia, qualche democrazia scandinava). Noi non sappiamo proprio utlizzare questo aggeggio delicato chiamato democrazia: lo scambiamo con il monopoli da tavolo.

Anonimo ha detto...

Bene bene bene.
Intanto la cordata su Alitalia si è dissolta.
E chi si è visto si è visto.
Dici bene Brino.

Anonimo ha detto...

Segnalo una riflessione sul voto di Sartori pubblicata sul Corriere della Sera.

Il testo può essere letto cliccando su "Sartori".

Il Professore si sofferma su 3 argomenti:
1) Lega
2) scomparsa della sinistra massimalista e dei socialisti
3) ragioni della sconfitta veltroniana.

Sorvolando sulla Lega (che ai più pare rinata, ma direi è sempre stata lì e tutti se ne sono dimenticati), interessante (e poi mi direte se condivisibile) il commento sui punti 2 e 3.

Quanto alla scomparsa della Sinistra radicale, occorre distinguere tra rappresentatività e rappresentanza: i due concetti non necessariamente devono coincidere. Dunque essere rappresentativi di alcune istanze e di una parte percentuale della popolazione non implica necessariamente avere rappresentanza (soprattutto se si vuole la governabilità). Quanto ai socialisti: esistono democrazie occidentali dove il riformismo vive in altre realtà partitiche (esempio gli USA), senza che nessuno si stracci le vesti per l'assenza di un partito che si chiami socialista.

Per ciò che riguarda la campagna di Veltroni e i risultati del PD, Sartori bacchetta Uolter. Si sarebbe "disperso" in un viaggio tra 104 province - invece di concentrarsi sulle regioni in bilico - e in campagna elettorale avrebbe concesso troppo spazio al programma, mentre avrebbe fatto meglio a puntare - come Berlusconi - su pochi slogan.

Ora, per quello che riguarda il mio pensiero su quanto argomentato dal politologo, direi:

a) Su sinistra massimalista. D'accordo sulla distinzione tra rappresentanza e rappresentatività. E sui meccanismi destinati a garantire maggioranze stabili. Però, con le riforme come la mettiamo? E' giusto estromettere per ragioni di maggioranza una fetta della popolazione dall'agone destinato a riflettere sulle riforme e approvarle?

b) Sul partito socialista. Non si può fare un parallelismo con gli USA. Il socialismo è una fetta importante della storia politica del paese. Ammetterà, caro Professore, che l'improvvisa scomparsa dal Parlamento sia, quanto meno, un motivo di shock. Può darsi, poi, che un partito riformista (o che si proclama tale) come il PD se ne faccia carico (all'americana), ma ci abitui almeno all'idea di una vera transizione verso un panorama partitico simil USA.

3) La campagna di Veltroni. Ritengo che Walter abbia fatto bene a girare tutte le province. Così come a esporre il suo programma. Il partito era nuovo e doveva - per serietà - farsi conoscere e dissipare ogni idea di semplice operazione di facciata. Il tempo a disposizione, tra l'altro, era esiguo.
Probabilmente sarebbe stato più efficace il metodo suggerito dal Prof. Sartori; ma per mera utilità. Tuttavia questo è un altro discorso.

Anonimo ha detto...

Ma avete notato come in Campania, tutto tace su un'analisi del voto seria?
Qui c'è solo una corsa alla poltrona in giunta comunale. E visto il bassimo profilo non si capisce proprio che cosa sia meglio augurare.
Iervo, azzerali tutti!

Anonimo ha detto...

Inviterei a leggere i commenti farseschi del blog antoniobassolino.

Secondo tonino dovremmo invitare amici non napoletani a venire qui da noi.

Ci sono una serie di personaggi di apparato (comprese le ultime acquisizioni) che non si rendono nemmeno conto dell'ottimismo ridicolo che mettono in scena, pur di incensare un governatore in ritirata!

Anonimo ha detto...

Io invece penso che sia ora, per Walter Veltroni, di scendere a Napoli e mandare a casa tutti i vertici del PD.
Quel loro essere distante dalla gente, unito alla volontà costante di gestire in proprio il potere è mortificante.
E poi si lamentano che le elezioni si perdono!

Anonimo ha detto...

Per un re che muore, c'è un re eterno.
Antonio Bassolino che delira dal suo blog. E, in un mare di dissensi, ogni tanto il grande vicerè si scrive da solo dei messaggi autoesaltanti. Oppure li fa scrivere da suoi amici, che si guardano bene dal contraddirlo.