martedì 30 ottobre 2007

"Ri"organizzare la speranza



"Organizzare la speranza": l'eredità di Giovanni Paolo II lasciata dopo la sua lunga (ben tre giorni) visita pastorale del 1990.
Una frase divenuta storica.
E chi di noi dimentica gli striscioni, carichi di disperazione e speranza, branditi dalle vele di Scampia?
Non meno difficile di oggi il periodo che la città attraversava allora, attanagliata nei suoi problemi di sempre.
Che cosa resta del messaggio di speranza di Giovanni Paolo II? E' possibile "ri"organizzare la speranza di Giovanni Paolo II? Voglio credere ancora di sì. A condizione che venga consentito a tutti di partecipare.
Fin tropo la nuova classe politica si è arroccata nelle sue stanze, sorda alle mille energie del territorio. E' per questo che avrebbe fatto bene a "uscire dai palazzi", come veva esortato il cardinale Sepe, invece di insuperbirsi per il monito e rimbrottare come sempre ha fatto nei confronti di chi ha levato, anche solo timidamente, delle voci critiche.
Il governo della città non è un fatto privato, ma condiviso. E di condivisione del percorso non c'è proprio nulla.

lunedì 29 ottobre 2007

La governance dell'informazione

Le strade grondanti di sangue e una città in balia della criminalità alla ribalta delle cronache. C'era bisogno di una iniezione di fiducia, in grado di innescare un circolo virtuoso sull'immagine della nostra martoriata metropoli, e a più voci si incominciò a invocare l'opportunità di promuovere dei grandi eventi che fungessero da catalizzatore di attenzione a livello nazionale e internazionale, così come avvenne nel lontano 1994 per il G7.
Finalmente l'annuncio nell'aprile 2007 del Ministro Rutelli: Napoli avrebbe avuto "un evento" per ben tre anni di seguito, divenendo "palcoscenico" del Teatro Festival Italia.e di nuovo
Non è passato molto tempo che, al festoso annuncio, con la mente allo storico evento di Assisi del 1986, si è aggiunta la conferma della presenza di Papa Ratzinger all'incontro internazionale delle religioni per la Pace, in programma appena una settimana dopo il Teatro Festival. Qualcuno, con non poca enfasi autocelebrativa, ha incominciato a parlare di "spirito di Napoli" (sulla scia della frase coniata in occasione della giornata di Assisi).
Un doppio evento di grande rilievo, che avrebbe dovuto moltiplicare l'attenzione positiva dei media nazionali e internazionali su Napoli.
Niente di tutto ciò.
Entrambi gli eventi sono stati relegati, dai mezzi di comunicazione, a vicende locali.
Sfido chiunque a recuperare sui media nazionali e internazionali, soprattutto per ciò che riguarda il prossimo incontro per la Pace (del quale addirittura la maggioranza dei napoletani ignora l'imminente celebrazione), compiute notizie in merito sulle prime pagine.
Nessuna notizia nelle cronache, almeno nazionali (non dico internazionali), del Teatro Festival Italia, mentre stiamo assistendo in questi giorni ad un vero e proprio tam tam sul festival del cinema romano. Di contro le prime pagine non lesinavano spazio alle sempiterne e tragiche vicende di sangue.
Senza arrendersi ad un atteggiamento piagnone (che per quanto mi riguarda non appartiene alla storia personale del sottoscritto - pronto a valutare acriticamente e con distacco i limiti del sistema partenopeo -), credo sia arrivato il momento di riflettere seriamente sulla governance dell'informazione: sia sull'incapacità della città di fare pensare in positivo di sé al suo esterno (a livello nazionale e internazionale) - uscendo da un lento processo di inesorabile provincializzazione -, sia sulla inidoneità dei flussi di informazione positivi (o meglio delle modalità in cui essi vengono offerti ai media) a prevalere (senza offrire ovviamente una visione distorta della realtà) su quelli perennemente di segno opposto, o quanto meno, a equilibrare un quadro che, agli occhi, dell'osservatore esterno appare definitivamente compromesso.
E' un aspetto sottovalutato, perché periodicamente ci si limita - da parte dei governanti locali -, a invocare, di fronte a evidenti situazioni di crisi, la tesi del "complotto" antinapoletano, ma poi si affossa la città nel pozzo senza fondo del suo provincialismo.
E allora qualsiasi evento "calato dall'alto" finirà con il diventare uno spreco di risorse umane ed economiche, utile solamente ad alleviare le "piaghe" del malato locale e a offrire un contentino di orgoglio ad un popolo che si avvia ad essere spogliato della sua dignità.