Niente di nuovo sotto il cielo. E sotto l'albero.
Cosa augurarci allora in vista delle prossime festività?
Scriveva Dostoevskji, per bocca di un suo personaggio (il monaco russo Starets Zosima), in alcune pagine che ritengo non possano lasciare indifferenti per l'intrinseca religiosità (in senso lato, anche laico):
" Pare un non senso, ma è giusto, perché tutto, come l'oceano, scorre e comunica, tu tocchi in un punto e si ripercuote all'altro estremo del mondo.Sarà follia domandar perdono agli uccelli, ma gli uccelli e i bambini e ogni animale intorno a te si sentirebbero meglio se tu stesso fossi più nobile di quel che ora sei, non fosse che un tantino. Tutto, vi dico, è come l'oceano. [...]
E non vi turbi nell'opera vostra il peccato, non temete che esso sciupi l'opera vostra e le impedisca di compiersi e non dite: 'Forte è il peccato, forte l'empietà, forte il cattivo ambiente, mentre noi siamo soli e deboli; l'ambiente cattivo ci guasterà e non lascerà che l'opera buona si compia'. Figli miei, non lasciatevi così abbattere! Non c'è che un mezzo di salvezza: renderti responsabile di ogni peccato umano..."
E' vero. L'assenza di risposte scoraggia. E il ciclico ripetersi di una storia già vista svilisce ogni volontà di riscatto. E con essa di impegno.
Ma l'augurio è dupliceInnanzi tutto manteniamo inalterata la nostra coscienza critica. Non smettiamo di indignarci. E di lottare in nome di un impegno civile che possa essere davvero inesauribile.
In secondo luogo: autoresponsabilità. Non ha senso, anche demagogicamente, elencare i mali che ci affliggono circondandoci, senza muovere un dito per migliorare noi stessi.Tutto è come un oceano.
Auguri!