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«Cercasi un fine.
Bisogna che sia onesto. Grande.
Il fine giusto è dedicarsi al prossimo.
E in questo secolo come vuole amare se non con la politica o col sindacato o con la scuola?
Siamo sovrani. Non è più il tempo delle elemosine, ma delle scelte.
Ma questo è solo il fine ultimo da ricordare ogni tanto.
Quello immediato da ricordare minuto per minuto è d’intendere gli altri e farsi intendere».
Così tuonava Lorenzo Milani circa quarant’anni fa.
Veniamo ai nostri giorni: al voto, al voto! E un referendum nel cassetto. Una coraggiosa e rivoluzionaria scelta di semplificazione – quella di “Uolter” – che pare mettere in crisi meccanismi consolidati. Ora alla prova del nove: la formazione delle liste. Vecchi privilegi, successioni dinastiche e modalità di cooptazione duri a morire. Eppure sarebbe così semplice se il fine fosse sempre uno solo, quello del "servizio" alla collettività. Perché in questo caso – al bando la brama del cursus honorum (molto in voga soprattutto dalle nostre parti) – il motore sarebbe quello del percorso condiviso tra chi è chiamato a farsi rappresentante e chi rappresentato.
Compiuti i tradizionali riti della politica, è arrivato, ancora una volta, il tempo delle scelte.
Invertiamo l’ordine e la dinamica del discorso. L’espressione "tempo delle scelte", così estrapolata rievocherebbe un discorso da "unti del Signore", che, sotto minaccia di chi sa quali sciagure, incitano alle scelte "giuste" – quelle, cioè, che si riconducono «solo» alla «loro» ricetta (calata dall’alto) –.
Il riferimento alla «sovranità», però, ristabilisce gli equilibri: il processo decisionale si muove dal basso verso l’alto, e non viceversa.
Dunque, basta elemosine. Riscopriamo il senso di "sovranità". Rivendichiamo un ruolo attivo, il "nostro" inalienabile diritto a "concorrere" personalmente con metodo democratico alla vita del paese. Non consentiamo «espropri».
Il rinnovamento nasce da noi. Perché come abbiamo già ricordato: "Tocchi in un punto e…".
Così tuonava Lorenzo Milani circa quarant’anni fa.
Veniamo ai nostri giorni: al voto, al voto! E un referendum nel cassetto. Una coraggiosa e rivoluzionaria scelta di semplificazione – quella di “Uolter” – che pare mettere in crisi meccanismi consolidati. Ora alla prova del nove: la formazione delle liste. Vecchi privilegi, successioni dinastiche e modalità di cooptazione duri a morire. Eppure sarebbe così semplice se il fine fosse sempre uno solo, quello del "servizio" alla collettività. Perché in questo caso – al bando la brama del cursus honorum (molto in voga soprattutto dalle nostre parti) – il motore sarebbe quello del percorso condiviso tra chi è chiamato a farsi rappresentante e chi rappresentato.
Compiuti i tradizionali riti della politica, è arrivato, ancora una volta, il tempo delle scelte.
Invertiamo l’ordine e la dinamica del discorso. L’espressione "tempo delle scelte", così estrapolata rievocherebbe un discorso da "unti del Signore", che, sotto minaccia di chi sa quali sciagure, incitano alle scelte "giuste" – quelle, cioè, che si riconducono «solo» alla «loro» ricetta (calata dall’alto) –.
Il riferimento alla «sovranità», però, ristabilisce gli equilibri: il processo decisionale si muove dal basso verso l’alto, e non viceversa.
Dunque, basta elemosine. Riscopriamo il senso di "sovranità". Rivendichiamo un ruolo attivo, il "nostro" inalienabile diritto a "concorrere" personalmente con metodo democratico alla vita del paese. Non consentiamo «espropri».
Il rinnovamento nasce da noi. Perché come abbiamo già ricordato: "Tocchi in un punto e…".