martedì 31 luglio 2007

La costituente del partito oligocratico

Non c’è bisogno di convention o primarie. Il partito oligocratico è sempre tra noi.
La conventio ad excludendum è perennemente in agguato e costituisce lo strumento più forte per l’autoconservazione di una casta politica trasversale, che tralascia il contatto con i cittadini (cellula primigenia, anzi essenza stessa della politica), ritenendo, con presunzione, di essere il filtro di tutto ciò che riguarda la cosa pubblica.
Vi siete mai chiesti cosa mai si dicono i politici nei loro conventicoli privati? Non è forte la sensazione che avvenga qualcosa alle nostre spalle, a nostra insaputa e senza la nostra partecipazione?
Noi crediamo invece ad una dimensione partecipata della democrazia. E non vogliamo rinunciarvi: “uscire da soli dai problemi è egoismo, uscirne insieme è politica” ammonisce Don Milani in “Lettere ad una professoressa” e come più volte abbiamo ricordato.
E’ ancora possibile vivere la politica come partecipazione democratica? O dobbiamo rinunciarvi?
E’ ancora possibile pensare e tendere a cose alte?
Io spesso penso ai discorsi che si scambiavano i Padri costituenti. E li metto in contrasto con l’inconsistenza delle vuote parole dei “nostri” politici che, anche tra loro - nei corridoi del potere e alle cene degli “esclusi” - fanno a gara a rincorrere l’effimero di turno, per essere appagati da un irragiungibile primato.
E poi: possiamo accontentarci di essere solo spettatori?
Attendo una vostra risposta

mercoledì 11 luglio 2007

Napoli e la buona novella

(Andy Warhol - "Fate presto", 1981)

In questi giorni l’opinione pubblica è catalizzata, per l’ennesima volta, da sterili polemiche, ormai capaci di autoalimentarsi, che rischiano, in un perverso tam tam giornalistico, di fare ben più male a questa plurimartoriata città dei titoli – provocatori o, a volte, esageratamente allarmistici – che vi hanno dato inizio.
Penso all’allarme lanciato dall’ambasciata USA e ai relativi battibecchi con il Sindaco; ai dati CENSIS sulle presunte diminuzioni statistiche degli episodi di microriminalità; alle contestazioni sorte in merito alle dichiarazioni dell’Assessore Gambale che, nel corso del convegno organizzato da “L’altra Napoli”, invitava giustamente a non perdere di vista la pervasiva (e sotterranea) presenza della camorra nel tessuto vitale cittadino a favore di visioni parziali tutte orientate a soffermarsi sulla punta dell’iceberg costituita da scippi e rapine (espressione comunque di un sistema criminale unificato, come ci ha ricordato Saviano in Gomorra).
L’impressione generale è di una nuova corsa al massacro – deleteria nei suoi effetti – che sta sconvolgendo il panorama delle cronache, aggiungendo tinte fosche ad un quadro già disperato.
E’ invece sempre più forte l’esigenza di rimettere in moto un circolo virtuoso che consenta alle energie positive della città di emergere, fare mostra di sé e, soprattutto creare notizia in positivo.
Dall’altro, è innegabile prendere atto della necessità di coinvolgere il più ampio numero di cittadini – che in un simile contesto si sentono ormai demotivati a lottare - in una rinnovata tenzone all’affermazione dei principi di legalità e democrazia partecipata.
E’ da qui che bisogna ripartire, tenendo ben presente che, fin quando notizie e opinione pubblica risultano assorbite da polemiche fini a se stesse, l’unico a trarne giovamento è il sistema camorristico illegale, vivo e vegeto più che mai nei suoi multiformi aspetti.

giovedì 5 luglio 2007

Piccoli saggi crescono

Come sostiene Platone nella Repubblica, “A meno che i filosofi non regnino negli stati o coloro che oggi sono detti re e signori non facciano genuina e valida filosofia, e non riuniscano nella stessa persona la potenza politica e la filosofia, non ci può essere una tregua di mali per gli stati e nemmeno per il genere umano”.

In breve, l’auspicio per i mali del genere umano e della società è riposto nel governo dei “sapienti” o “saggi” che dir si voglia.

A leggere i titoli dei giornali che ci “narrano” l’epopea del sempre più nutrito gruppo di “saggi” (prima 40, poi 60 infine, ad oggi, 78), nel comitato provinciale del costituendo Partito democratico, c’è da dormire sonni tranquilli per il nostro futuro.

Ammesso che sia dato comprendere da chi discenda l’attribuzione di questo epiteto e quale esame debba superarsi per entrare in un novero così esclusivo (al punto da innescare una gara al “ripescaggio”) ed essere qualificati saggi.

Così come, senza scomodare Hegel, sarebbe interessante individuare i criteri utilizzati per discernere i veri appartenenti alla “società civile”, che sono davvero meritevoli (bontà loro) di una cooptazione in questa squadra.

Novità o istinto di autoconservazione?

lunedì 2 luglio 2007

Napoli, città visibile e Leonia, città invisibile

Da Le città invisibili di Calvino:
"La città di Leonia rifà se stessa tutti giorno: ogni mattina la popolazione si risveglia tra lenzuola fresche, si lava con saponette appena sgusciate dall'involucro, indossa vestaglie nuove fiammanti, estrae dal più perfezionato frigorifero barattoli di latta ancora intonsi ascoltando le ultime filastrocche dall'ultimo modello d'apparechio.
Sui marciapiedi, avvilupati in tersi sacchi di plastica, i resti della Leonia di ieri aspettano il carro dello spazzaturaio (...)
l'opulenza di Leonia si misura dalle cose che ogni giorno vengono buttate via per far posto alle nuove. Tanto che ci si chiede se la vera passione di Leonia sia davvero come dicono il godere delle cose nuove e diverse, o non piuttosto l'espellere, l'allontanare da sé, il mondarsi d'una ricorrente impurità (...)
Aggiungi che più l'arte di Leonia eccelle nel fabbricare nuovi materiali, più la spazzatura migliora la sua sostanza, resiste al tempo, alle intemperie, a fermentazioni e combustioni. E' una fortezza di rimasugli indistruttibili che circonda Leonia, la sovrasta da ogni lato come un acrocoro di montagne (...)
Il risultato è questo: che più Leonia espelle roba più ne accumula; le squame del suo passato si saldano in una corazza che non si può togliere; rinnovandosi ogni giorno la città conserva tutta se stessa nella sola forma definitiva: quella delle spazzature d'ieri che si ammucchiano sulle spazzature dell'altroieri e di tutti i suoi giorni e anni e lustri.
Il pattume di Leonia a poco a poco invaderebbe il mondo se sullo sterminato immondezzaio non stessero premendo, al di là dell'estremo crinale, immondezzai d'altre città, che anch'esse respingono lontano da sé montagne di rifiuti. Forse il mondo intero, oltre i confini di Leonia, è ricoperto da crateri di spazzatura, ognuno con al centro una metropoli in eruzione ininterrotta".
Una città che espelle i suoi rifiuti e si monda delle sue impurità, rinnovandosi ogni giorno. Al tempo stesso immondizie che si accumulano le une alle altre e, nel loro sedimentarsi, ne mantengono inalterata la memoria. Una visione orrida, che dà il senso di un rinnovamento solamente apparente, di facciata, incurante di tutto ciò che la circonda (un immondezzaio enorme che sottrae terreno ad altri immondezzai).
Fare un parallelo con la nostra realtà quotidiana - sia pure all'incontrario (la nostra città non si rinnova e, ironia della sorte, non riesce più ad espellere i rifiuti...) - appare scontato e, a tratti, demagogico.
Ma la demagogia non fa parte dei nostri propositi. Piuttosto, appare significativo rilevare come l'assenza di rinnovamento, in momenti tanto difficili, affondi le radici nell'incapacità dei cittadini di sentirsi parte di una collettività. Il dramma di questa città è sintetizzabile nella incapacità di ampi strati di popolazione che si dimostrano incapaci di pensare "da cittadini". Non di rado avvezzi a dare la colpa di ciò che non va ad una astratta entità a sé estranea, senza rendersi conto che il cambiamento investe il proprio modo di partecipare attivamente alla vita collettiva - lottando per i diritti e combattendo ogni forma di illegalità -.
C'è poi la categoria di quelli che nascondono la testa sotto la sabbia, negano l'evidenza e fingono, per falso amor patrio, di non riconoscere i problemi, sminuendone la portata e alimentando la tesi che "tutto il mondo è paese". Altro atteggiamento errato. L'incapacità di prendere atto realisticamente delle difficoltà impedisce di migliorare e mettere in campo energie per voltare pagina.
Residua l'atteggiamento conservatore dell'autocelebrazione, del quale il nostro panorame è ormai saturo.
In fondo a tutto l'assuefazione passiva, indotta spesso dal senso di impotenza consolidato dalla constatazione che tutto ciclicamente si rinnova in negativo.
C'è solo una via d'uscita: non smettere mai di essere vigili e credere ad oltranza nell'affermazione dei diritti di cittadinanza.

giovedì 28 giugno 2007

Educazione alla cittadinanza e cultura partecipante

Prima di cominciare a riflettere sul processo di "normalizzazione" del nostro quotidiano, non dobbiamo dimenticare un punto di partenza fondamentale: dobbiamo educare ed educarci alla democrazia, per dare pieno compimento ai nostri diritti.
L'educazione alla democrazia deve costituire il primo obiettivo.
Dunque occorre riscoprire l'esercizio della pratica democratica.
L'unico modo per fare di un suddito un cittadito consiste nel lottare per l'attribuzione e l'attuazione di quei diritti che dagli autori di diritto pubblico sono definiti activae civitatis.
John Stuart Mill, nelle Considerazioni sulla democrazia rappresentativa, distingue i cittadini in attivi e passivi, precisando che in genere i governanti preferiscono i secondi, perché è tanto più facile tenere in pugno sudditi docili o indifferenti, ma la democrazia ha bisogno dei primi.
Se dovessero prevalere i cittadini passivi, conclude, i governanti farebbero ben volentieri dei loro sudditi un gregge di pecore volte unicamente a pascolare l'erba una accanto all'altra.
Zagrebelsky significativamente ricorda la distinzione tra la cultura da sudditi, orientata verso gli output del sistema (cioè verso i benefici che l'elettore spera di trarre dal sistema politico), e "cultura partecipante", cioè orientata verso gli input, che è propria degli elettori che si considerano potenzialmente impegnati nell'articolazione delle domande e nella formazione delle decisioni.
Non di rado, accanto al diffuso fenomeno dell'apatia politica dei cittadini (indifferenza per ciò che avviene intorno e chiusura individualistica nel proprio bozzolo), si assiste ad un senso di insofferenza del rappresentante - il quale è mosso dalla convinzione che, conferita la delega, possa ritenersi (politicamente) insindacabile dal cittadino, con il quale vige il principio dell'incomunicabilità -.
Dunque, l'azione si deve condurre su un duplice fronte: sensibilizzazione al bene comune di tutti i cittadini e dialogo permanente rappresentati - rappresentanti.
Per apatia politica si intende non già indifferenza del cittadino per l'attività istituzionale, ma assoluta mancanza di interesse attivo verso il bene comune. La "cultura partecipante" si esprime nell'impegno a rimuovere - secondo il proprio ruolo - tutto ciò che non va, a denunciare senza timori e a costruire.
Ha scritto qualcuno: non smettiamo di indignarci. E aggiungo: restiamo vigili.

mercoledì 27 giugno 2007

Il nostro logo

Delle onde che si intrecciano a formare una fitta trama.
Buongiorno Napoli è l'incontro plurale di più storie che si fanno una.
La stilizzazione richiama il Vesuvio e, al tempo stesso, la trama che si forma, oltre a simbolizzare l'agorà, assume l'aspetto di un sole rassicurante che irradia i suoi raggi.
Un azzurro intenso incute ottimismo e al tempo stesso richiama l'auspicata limpidezza (segno di legalità e armonia) dei nostri cieli (evidenzio il plurale), una limpidezza che vogliamo ristabilire con il nuovo giorno che nasce dalle nostre mani.

martedì 26 giugno 2007

Incomincia il cammino



Buongiorno Napoli si mette in moto.

Un grazie a tutti coloro che ci hanno arricchito con la loro presenza e a chi, anche non intervenuto, ci arricchirà con il suo contributo.

Riuscitissimo il dibattito e ricco di stimoli interlocutori, come confermato dai commenti della stampa sui quotidiani e in tv.

Ora abbiamo bisogno dell'impegno di tutti. Dobbiamo riscoprire la "circolarità" della nostra azione e, soprattutto, moltiplicare la nostra agorà in una dimensione di democrazia partecipata.

E mi piace chiudere con la frase di Don Milani su cui abbiamo riflettuto: "Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio". La politica è l'arte di uscire insieme dai problemi, tutto il resto è egoismo.

Camminiamo insieme e non atrofizziamo le nostre coscienze.

lunedì 25 giugno 2007

25 giugno 2007: nasce l'Associazione Buongiorno Napoli

"Buongiorno Napoli"

Un nome provocatorio in un periodo di particolare prova per la città di Napoli. Un'associazione che si propone come sintesi delle istanze che provengono dalla "società civile" nonché come luogo di incontro e proposta che instauri, alla stregua di coscienza critica, un fattivo dialogo permanente con le istituzioni, in controtendenza con atteggiamenti disfattisti e rinunciatari nei confronti della "cosa comune".


conferenza di presentazione

Lunedì 25 giugno 2007 - ore 17,00 - Sala S. Chiara

Piazza del Gesù- Napoli


Intervengono:


  • Mirella Barracco, Presidente Napoli '99;
  • Paolo Battimiello, Dirigente Scolastico Istituto Virgilio IV;
  • Paola Cortellessa, Comunità di S. Egidio;
  • Giuseppe Gambale, Assessore Educazione e Legalità Comune di Napoli;
  • Domenico Giustino, Vicepresidente Unione Industriali;
  • Leonardo Impegno, Presidente Consiglio Comunale di Napoli;
  • David Lebro, Presidente IV Municipalità;
  • Don Luigi Merola;
  • Ambrogio Prezioso, Presidente ACEN;
  • Pasquale Testa, Editore Phoebus
Coordina:
Alessandro Biamonte, Buongiorno Napoli

Buongiorno Napoli



Buongiorno Napoli!

Una impenetrabile cappa sta offuscando i nostri cieli.

Un lento e costante processo di "atrofizzazione" delle coscienze, alimentato dal quotidiano dilagare dell'illegalità (assurta, nei vari livelli, a norma di vita), dall'arroganza di una criminalità che si autoalimenta delle inefficienze del sistema, e dalla mortificazione di diritti fondamentali, sta imprimendo il corso della nostra esistenza di "cittadini" verso un punto di non ritorno.

Cittadini chiusi in se stessi e ridotti a soggetti passivi, che si sentono isolati e incapaci di relazionarsi con la civitas; caduti vittime di un insanabile pessimismo indotto in parte dalla sensazione di impotenza (che periodicamente raggiunge livelli parossistici di fronte alla ciclica morte di innocenti), in parte dall'esaurimento delle energie necessarie alla lotta quotidiana per l'affermazione delle regole, della democrazia – spesso messa a dura prova da un sistema autoreferenziale -, e dei diritti di tutti.

La rassegnazione non può entrare a fare parte della nostra cultura. E tanto meno possiamo consentire che le coscienze si intorpidiscano – rischio ancora più devastante nei suoi effetti - .

E' il momento di una riscossa delle coscienze che riparta dal basso attraverso un processo di riappropriazione del nostro ruolo di cittadini attivi, che possa consentirci, per l'appunto, di "riappropriarci" della città, in senso fisico e metaforico.

E' tempo di invertire il processo di alienazione dei cittadini dalle istituzioni e ristabilire con esse un dialogo biunivoco, che consenta alla "società civile" di contare nei processi decisionali che coinvolgono la collettività (cambiando l'ordine della loro dinamica: dal basso verso l'alto e non viceversa) e, contestualmente, alla stregua di una moderna agorà, di costruire, senza forme di passiva "assuefazione" al potere, un luogo di incontro e proposta che possa interloquire attivamente con le istituzioni in un rinnovato esercizio di "parresìa".

E allora,

"Buongiorno" Napoli:

- E' un "grido" di speranza e ottimismo. Il "giorno" presuppone che la "notte" sia ormai alle spalle.

- E' un'affermazione positiva di "attesa". Prelude al "nuovo" giorno che nasce dalle "nostre" mani, dopo che ci siamo lasciati il vecchio alle spalle.

- E' un saluto, per dire: «Eccoci, siamo qui! » . Troppe volte abbiamo sentito parlare di disfattismo e indifferenza dei cittadini per la cosa comune. Noi, invece, vogliamo dire di "esserci" ed essere pronti a fare la nostra parte.

Buongiorno Napoli

Alessandro Biamonte